Struttura in cemento armato in costruzione all’alba, con la luce che filtra tra i pilastri e operai visibili al lavoro. Atmosfera sospesa, inizio dei lavori.
Struttura in cemento armato in costruzione all’alba, con la luce che filtra tra i pilastri e operai visibili al lavoro. Atmosfera sospesa, inizio dei lavori.

Serve un nuovo modo di decidere nei team

Perché tanti team sprecano tempo a decidere? Un nuovo approccio per scegliere meglio, più in fretta e senza confusione.

Guidare

Facilitazione

Decision Design

Se ogni riunione ti sembra una perdita di tempo, forse il problema non sono le persone. È il modo in cui decidiamo.

In molti team si continua a decidere senza metodo, senza coinvolgimento e senza imparare dagli errori. È ora di cambiare.

Ti è mai capitato di uscire da una riunione pensando: "ho appena buttato via un'ora della mia vita"? Io sì. Spesso. E non perché manchino le competenze o la buona volontà. Ma perché il modo in cui molti team prendono decisioni è semplicemente rotto.


Quelle riunioni in cui si gira attorno al problema, si ascolta con mezzo orecchio e si esce con la sensazione che si sarebbe potuto (o dovuto) fare altro. Spesso sappiamo benissimo che non si deciderà nulla, ma ci andiamo lo stesso. Per dovere, per abitudine o per non dare nell’occhio. Ma questa passività collettiva ha un costo altissimo.

Gruppo di operai in cantiere riuniti attorno a un tavolo improvvisato, intenti a esaminare un grande progetto cartaceo. La scena evoca attenzione, confronto e pianificazione condivisa.

Il problema non sono le persone. È il modo in cui strutturiamo le decisioni nei team.

Le organizzazioni sono piene di momenti decisionali in cui si parla tanto e si conclude poco. O, peggio, si finge di discutere per poi tornare a fare ciò che si era già deciso altrove.


Succede quando:

• si fanno 40 minuti di monologo introduttivo per confondere le idee
• si presentano 30 slide e si spera nel silenzio-assenso
• si chiama un team solo per legittimare una decisione già presa
• si invita alla partecipazione ma senza davvero essere interessati alle opinioni del team


Così si perde tempo, attenzione e fiducia. E si abbassa drasticamente la qualità delle scelte. Alla lunga, queste dinamiche logorano anche i team migliori. Il risultato? Decisioni deboli, lente o non realmente condivise, che poi vanno “aggiustate” in corsa.

Tavolo disordinato con progetti, utensili da cantiere, tazze di caffè e post-it. Due persone riorganizzano gli elementi. Simbolo della confusione iniziale e della necessità di chiarezza nei processi.
Due operai sollevano una trave metallica sotto lo sguardo del resto del gruppo. Solo pochi lavorano attivamente, mentre altri osservano. Il momento cattura il disequilibrio tra coinvolgimento e partecipazione.

3 errori classici nei momenti decisionali

1. Confondere confronto e consenso

Il confronto serve a far emergere punti di vista, non a cercare un voto unanime. La decisione è un atto di responsabilità, non una media. Un dibattito ben condotto non elimina i disaccordi: li rende visibili e li valorizza.

Confondere confronto e consenso porta spesso a decisioni ambigue, compromessi inefficaci, o peggio: a non decidere affatto.


2. Non avere obiettivi e criteri chiari

Spesso il vero problema non è solo come decidere, ma cosa si sta cercando davvero di ottenere. Quando l'obiettivo non è chiaro o condiviso, diventa impossibile stabilire dei criteri coerenti. Si discute senza sapere dove si vuole arrivare.

Una buona decisione ha chiaro in mente cosa la rende vincente e quali sono i limiti entro cui prenderla. Eppure, spesso si parte subito con soluzioni o prototipi, dimenticando che il primo passo dovrebbe essere la definizione dell’obiettivo condiviso e dei criteri di valutazione.


3. Pensare che democratico = giusto

Un metodo efficace coinvolge tutti nel ragionamento, ma affida la responsabilità finale a chi ha il ruolo (e l’accountability) per decidere. Si può progettare una fase partecipativa e una decisionale senza confondere i piani.

Molti team si bloccano cercando un “consenso totale” che non arriverà mai. Altri lo simulano, generando un’illusione di condivisione. La verità? Meglio una decisione chiara e ben comunicata che una finta armonia.

Il punto non è solo decidere. È progettare una buona decisione.

Serve un nuovo approccio. Un modo per:

• allineare le informazioni in modo chiaro e visivo
• far emergere le competenze di tutti, senza dispersione
• generare opzioni, valutarle e poi convergere
• creare un contesto in cui ogni voce contribuisca a migliorare il risultato


Lo chiamo decision design: progettare le condizioni giuste per prendere decisioni migliori. Non solo più rapide, ma più solide, condivise e adatte al contesto in cui si opera.

Un buon design delle decisioni non riguarda solo il momento della scelta. Riguarda tutto ciò che la prepara, e tutto ciò che la rende sostenibile nel tempo.

Come funziona (davvero) una sessione ben progettata

Il processo che uso si può adattare a tanti contesti e metodi, ma segue sempre la stessa logica.


1. Allineamento iniziale

Visualizzare il contesto e le informazioni. Tutti devono partire dallo stesso punto, anche se con ruoli diversi. Si costruisce una base comune di comprensione, per evitare fraintendimenti. Qui uso spesso strumenti visuali, mappe, canvas. Aiutano a far emergere ciò che è ovvio per alcuni e invisibile per altri.


2. Discussione strutturata

Spazio facilitato, turni, sintesi visive in tempo reale. Si costruisce un pensiero collettivo, non una giustapposizione di opinioni. Ogni contributo viene rielaborato pubblicamente, arricchendo la conversazione di un pensiero critico. La discussione non è aperta all’infinito: è guidata con obiettivi precisi.


3. Convergenza di idee

Fase in cui ogni partecipante contribuisce con la propria opinione o votazione. Può essere anonima o pubblica, a seconda del tipo di gruppo e dell’obiettivo. Questo passaggio serve a far emergere convergenze, priorità, divergenze residue. Aiuta ad avvicinarsi alla scelta, mostrando la percezione del gruppo.


4. Decisione finale

Presa da chi ha il ruolo per farlo (idealmente in 2: es. business + tecnico). Il team non vota la direzione, ma la nutre. E ne condivide l’esito. Così si distribuisce la responsabilità dell’apprendimento, anche quando l’esito non è perfetto.

In alcuni casi, la decisione non è ancora definitiva, ma serve a selezionare le opzioni più promettenti da testare. Anche questo è un passo avanti.

Un operaio posa un mattone su un muretto in costruzione, mentre il team osserva in silenzio. La scena rappresenta l’atto concreto di costruire insieme una decisione.

Una decisione ben presa non è sempre giusta. Ma è sempre utile.

In un ambiente incerto, è normale che alcune decisioni portino a risultati imprevisti. Il punto è avere un contesto progettato per imparare, non per bloccare.


Una buona decisione genera azione. E l’azione produce feedback. Questo ciclo è il motore di ogni team che vuole evolvere.


Serve creare uno spazio che supporti questo ciclo: team allineati, prototipi veloci, margini di aggiustamento. Nessuno può garantire la scelta perfetta. Ma si può costruire un modo migliore di scegliere. E soprattutto, un team che sappia scegliere insieme.


Quando questo accade, si nota subito: le riunioni durano meno, le conversazioni sono più concrete, le decisioni diventano patrimonio comune. E il tempo non è più sprecato, ma ben investito.

E tu? Quante decisioni prende davvero il tuo team?

Se questo tema ti risuona, prova a portarlo nel tuo prossimo meeting. Magari non cambierà tutto. Ma smettere di perdere tempo è già un ottimo inizio. E progettare meglio le decisioni, è spesso il primo passo per progettare meglio tutto il resto.

FAQ

01

Con che tipo di aziende lavori solitamente?

02

Posso contattarti anche solo per un confronto preliminare?

03

Fai consulenze one‑off o progetti continuativi?

04

In che tipo di progetti intervieni?

05

Organizzi tu le ricerche o serve un team interno?

06

Hai un metodo fisso o si adatta al contesto?

07

Quanto dura un progetto tipo?

08

Cosa ti differenzia da altri consulenti o facilitatori?

Struttura in cemento armato in costruzione all’alba, con la luce che filtra tra i pilastri e operai visibili al lavoro. Atmosfera sospesa, inizio dei lavori.
Struttura in cemento armato in costruzione all’alba, con la luce che filtra tra i pilastri e operai visibili al lavoro. Atmosfera sospesa, inizio dei lavori.

Serve un nuovo modo di decidere nei team

Perché tanti team sprecano tempo a decidere? Un nuovo approccio per scegliere meglio, più in fretta e senza confusione.

Guidare

Facilitazione

Decision Design

Se ogni riunione ti sembra una perdita di tempo, forse il problema non sono le persone. È il modo in cui decidiamo.

In molti team si continua a decidere senza metodo, senza coinvolgimento e senza imparare dagli errori. È ora di cambiare.

Ti è mai capitato di uscire da una riunione pensando: "ho appena buttato via un'ora della mia vita"? Io sì. Spesso. E non perché manchino le competenze o la buona volontà. Ma perché il modo in cui molti team prendono decisioni è semplicemente rotto.


Quelle riunioni in cui si gira attorno al problema, si ascolta con mezzo orecchio e si esce con la sensazione che si sarebbe potuto (o dovuto) fare altro. Spesso sappiamo benissimo che non si deciderà nulla, ma ci andiamo lo stesso. Per dovere, per abitudine o per non dare nell’occhio. Ma questa passività collettiva ha un costo altissimo.

Gruppo di operai in cantiere riuniti attorno a un tavolo improvvisato, intenti a esaminare un grande progetto cartaceo. La scena evoca attenzione, confronto e pianificazione condivisa.

Il problema non sono le persone. È il modo in cui strutturiamo le decisioni nei team.

Le organizzazioni sono piene di momenti decisionali in cui si parla tanto e si conclude poco. O, peggio, si finge di discutere per poi tornare a fare ciò che si era già deciso altrove.


Succede quando:

• si fanno 40 minuti di monologo introduttivo per confondere le idee
• si presentano 30 slide e si spera nel silenzio-assenso
• si chiama un team solo per legittimare una decisione già presa
• si invita alla partecipazione ma senza davvero essere interessati alle opinioni del team


Così si perde tempo, attenzione e fiducia. E si abbassa drasticamente la qualità delle scelte. Alla lunga, queste dinamiche logorano anche i team migliori. Il risultato? Decisioni deboli, lente o non realmente condivise, che poi vanno “aggiustate” in corsa.

Tavolo disordinato con progetti, utensili da cantiere, tazze di caffè e post-it. Due persone riorganizzano gli elementi. Simbolo della confusione iniziale e della necessità di chiarezza nei processi.
Due operai sollevano una trave metallica sotto lo sguardo del resto del gruppo. Solo pochi lavorano attivamente, mentre altri osservano. Il momento cattura il disequilibrio tra coinvolgimento e partecipazione.

3 errori classici nei momenti decisionali

1. Confondere confronto e consenso

Il confronto serve a far emergere punti di vista, non a cercare un voto unanime. La decisione è un atto di responsabilità, non una media. Un dibattito ben condotto non elimina i disaccordi: li rende visibili e li valorizza.

Confondere confronto e consenso porta spesso a decisioni ambigue, compromessi inefficaci, o peggio: a non decidere affatto.


2. Non avere obiettivi e criteri chiari

Spesso il vero problema non è solo come decidere, ma cosa si sta cercando davvero di ottenere. Quando l'obiettivo non è chiaro o condiviso, diventa impossibile stabilire dei criteri coerenti. Si discute senza sapere dove si vuole arrivare.

Una buona decisione ha chiaro in mente cosa la rende vincente e quali sono i limiti entro cui prenderla. Eppure, spesso si parte subito con soluzioni o prototipi, dimenticando che il primo passo dovrebbe essere la definizione dell’obiettivo condiviso e dei criteri di valutazione.


3. Pensare che democratico = giusto

Un metodo efficace coinvolge tutti nel ragionamento, ma affida la responsabilità finale a chi ha il ruolo (e l’accountability) per decidere. Si può progettare una fase partecipativa e una decisionale senza confondere i piani.

Molti team si bloccano cercando un “consenso totale” che non arriverà mai. Altri lo simulano, generando un’illusione di condivisione. La verità? Meglio una decisione chiara e ben comunicata che una finta armonia.

Il punto non è solo decidere. È progettare una buona decisione.

Serve un nuovo approccio. Un modo per:

• allineare le informazioni in modo chiaro e visivo
• far emergere le competenze di tutti, senza dispersione
• generare opzioni, valutarle e poi convergere
• creare un contesto in cui ogni voce contribuisca a migliorare il risultato


Lo chiamo decision design: progettare le condizioni giuste per prendere decisioni migliori. Non solo più rapide, ma più solide, condivise e adatte al contesto in cui si opera.

Un buon design delle decisioni non riguarda solo il momento della scelta. Riguarda tutto ciò che la prepara, e tutto ciò che la rende sostenibile nel tempo.

Come funziona (davvero) una sessione ben progettata

Il processo che uso si può adattare a tanti contesti e metodi, ma segue sempre la stessa logica.


1. Allineamento iniziale

Visualizzare il contesto e le informazioni. Tutti devono partire dallo stesso punto, anche se con ruoli diversi. Si costruisce una base comune di comprensione, per evitare fraintendimenti. Qui uso spesso strumenti visuali, mappe, canvas. Aiutano a far emergere ciò che è ovvio per alcuni e invisibile per altri.


2. Discussione strutturata

Spazio facilitato, turni, sintesi visive in tempo reale. Si costruisce un pensiero collettivo, non una giustapposizione di opinioni. Ogni contributo viene rielaborato pubblicamente, arricchendo la conversazione di un pensiero critico. La discussione non è aperta all’infinito: è guidata con obiettivi precisi.


3. Convergenza di idee

Fase in cui ogni partecipante contribuisce con la propria opinione o votazione. Può essere anonima o pubblica, a seconda del tipo di gruppo e dell’obiettivo. Questo passaggio serve a far emergere convergenze, priorità, divergenze residue. Aiuta ad avvicinarsi alla scelta, mostrando la percezione del gruppo.


4. Decisione finale

Presa da chi ha il ruolo per farlo (idealmente in 2: es. business + tecnico). Il team non vota la direzione, ma la nutre. E ne condivide l’esito. Così si distribuisce la responsabilità dell’apprendimento, anche quando l’esito non è perfetto.

In alcuni casi, la decisione non è ancora definitiva, ma serve a selezionare le opzioni più promettenti da testare. Anche questo è un passo avanti.

Un operaio posa un mattone su un muretto in costruzione, mentre il team osserva in silenzio. La scena rappresenta l’atto concreto di costruire insieme una decisione.

Una decisione ben presa non è sempre giusta. Ma è sempre utile.

In un ambiente incerto, è normale che alcune decisioni portino a risultati imprevisti. Il punto è avere un contesto progettato per imparare, non per bloccare.


Una buona decisione genera azione. E l’azione produce feedback. Questo ciclo è il motore di ogni team che vuole evolvere.


Serve creare uno spazio che supporti questo ciclo: team allineati, prototipi veloci, margini di aggiustamento. Nessuno può garantire la scelta perfetta. Ma si può costruire un modo migliore di scegliere. E soprattutto, un team che sappia scegliere insieme.


Quando questo accade, si nota subito: le riunioni durano meno, le conversazioni sono più concrete, le decisioni diventano patrimonio comune. E il tempo non è più sprecato, ma ben investito.

E tu? Quante decisioni prende davvero il tuo team?

Se questo tema ti risuona, prova a portarlo nel tuo prossimo meeting. Magari non cambierà tutto. Ma smettere di perdere tempo è già un ottimo inizio. E progettare meglio le decisioni, è spesso il primo passo per progettare meglio tutto il resto.

FAQ

01

Con che tipo di aziende lavori solitamente?

02

Posso contattarti anche solo per un confronto preliminare?

03

Fai consulenze one‑off o progetti continuativi?

04

In che tipo di progetti intervieni?

05

Organizzi tu le ricerche o serve un team interno?

06

Hai un metodo fisso o si adatta al contesto?

07

Quanto dura un progetto tipo?

08

Cosa ti differenzia da altri consulenti o facilitatori?

Struttura in cemento armato in costruzione all’alba, con la luce che filtra tra i pilastri e operai visibili al lavoro. Atmosfera sospesa, inizio dei lavori.
Struttura in cemento armato in costruzione all’alba, con la luce che filtra tra i pilastri e operai visibili al lavoro. Atmosfera sospesa, inizio dei lavori.

Serve un nuovo modo di decidere nei team

Perché tanti team sprecano tempo a decidere? Un nuovo approccio per scegliere meglio, più in fretta e senza confusione.

Guidare

Facilitazione

Decision Design

Se ogni riunione ti sembra una perdita di tempo, forse il problema non sono le persone. È il modo in cui decidiamo.

In molti team si continua a decidere senza metodo, senza coinvolgimento e senza imparare dagli errori. È ora di cambiare.

Ti è mai capitato di uscire da una riunione pensando: "ho appena buttato via un'ora della mia vita"? Io sì. Spesso. E non perché manchino le competenze o la buona volontà. Ma perché il modo in cui molti team prendono decisioni è semplicemente rotto.


Quelle riunioni in cui si gira attorno al problema, si ascolta con mezzo orecchio e si esce con la sensazione che si sarebbe potuto (o dovuto) fare altro. Spesso sappiamo benissimo che non si deciderà nulla, ma ci andiamo lo stesso. Per dovere, per abitudine o per non dare nell’occhio. Ma questa passività collettiva ha un costo altissimo.

Gruppo di operai in cantiere riuniti attorno a un tavolo improvvisato, intenti a esaminare un grande progetto cartaceo. La scena evoca attenzione, confronto e pianificazione condivisa.

Il problema non sono le persone. È il modo in cui strutturiamo le decisioni nei team.

Le organizzazioni sono piene di momenti decisionali in cui si parla tanto e si conclude poco. O, peggio, si finge di discutere per poi tornare a fare ciò che si era già deciso altrove.


Succede quando:

• si fanno 40 minuti di monologo introduttivo per confondere le idee
• si presentano 30 slide e si spera nel silenzio-assenso
• si chiama un team solo per legittimare una decisione già presa
• si invita alla partecipazione ma senza davvero essere interessati alle opinioni del team


Così si perde tempo, attenzione e fiducia. E si abbassa drasticamente la qualità delle scelte. Alla lunga, queste dinamiche logorano anche i team migliori. Il risultato? Decisioni deboli, lente o non realmente condivise, che poi vanno “aggiustate” in corsa.

Tavolo disordinato con progetti, utensili da cantiere, tazze di caffè e post-it. Due persone riorganizzano gli elementi. Simbolo della confusione iniziale e della necessità di chiarezza nei processi.
Due operai sollevano una trave metallica sotto lo sguardo del resto del gruppo. Solo pochi lavorano attivamente, mentre altri osservano. Il momento cattura il disequilibrio tra coinvolgimento e partecipazione.

3 errori classici nei momenti decisionali

1. Confondere confronto e consenso

Il confronto serve a far emergere punti di vista, non a cercare un voto unanime. La decisione è un atto di responsabilità, non una media. Un dibattito ben condotto non elimina i disaccordi: li rende visibili e li valorizza.

Confondere confronto e consenso porta spesso a decisioni ambigue, compromessi inefficaci, o peggio: a non decidere affatto.


2. Non avere obiettivi e criteri chiari

Spesso il vero problema non è solo come decidere, ma cosa si sta cercando davvero di ottenere. Quando l'obiettivo non è chiaro o condiviso, diventa impossibile stabilire dei criteri coerenti. Si discute senza sapere dove si vuole arrivare.

Una buona decisione ha chiaro in mente cosa la rende vincente e quali sono i limiti entro cui prenderla. Eppure, spesso si parte subito con soluzioni o prototipi, dimenticando che il primo passo dovrebbe essere la definizione dell’obiettivo condiviso e dei criteri di valutazione.


3. Pensare che democratico = giusto

Un metodo efficace coinvolge tutti nel ragionamento, ma affida la responsabilità finale a chi ha il ruolo (e l’accountability) per decidere. Si può progettare una fase partecipativa e una decisionale senza confondere i piani.

Molti team si bloccano cercando un “consenso totale” che non arriverà mai. Altri lo simulano, generando un’illusione di condivisione. La verità? Meglio una decisione chiara e ben comunicata che una finta armonia.

Il punto non è solo decidere. È progettare una buona decisione.

Serve un nuovo approccio. Un modo per:

• allineare le informazioni in modo chiaro e visivo
• far emergere le competenze di tutti, senza dispersione
• generare opzioni, valutarle e poi convergere
• creare un contesto in cui ogni voce contribuisca a migliorare il risultato


Lo chiamo decision design: progettare le condizioni giuste per prendere decisioni migliori. Non solo più rapide, ma più solide, condivise e adatte al contesto in cui si opera.

Un buon design delle decisioni non riguarda solo il momento della scelta. Riguarda tutto ciò che la prepara, e tutto ciò che la rende sostenibile nel tempo.

Come funziona (davvero) una sessione ben progettata

Il processo che uso si può adattare a tanti contesti e metodi, ma segue sempre la stessa logica.


1. Allineamento iniziale

Visualizzare il contesto e le informazioni. Tutti devono partire dallo stesso punto, anche se con ruoli diversi. Si costruisce una base comune di comprensione, per evitare fraintendimenti. Qui uso spesso strumenti visuali, mappe, canvas. Aiutano a far emergere ciò che è ovvio per alcuni e invisibile per altri.


2. Discussione strutturata

Spazio facilitato, turni, sintesi visive in tempo reale. Si costruisce un pensiero collettivo, non una giustapposizione di opinioni. Ogni contributo viene rielaborato pubblicamente, arricchendo la conversazione di un pensiero critico. La discussione non è aperta all’infinito: è guidata con obiettivi precisi.


3. Convergenza di idee

Fase in cui ogni partecipante contribuisce con la propria opinione o votazione. Può essere anonima o pubblica, a seconda del tipo di gruppo e dell’obiettivo. Questo passaggio serve a far emergere convergenze, priorità, divergenze residue. Aiuta ad avvicinarsi alla scelta, mostrando la percezione del gruppo.


4. Decisione finale

Presa da chi ha il ruolo per farlo (idealmente in 2: es. business + tecnico). Il team non vota la direzione, ma la nutre. E ne condivide l’esito. Così si distribuisce la responsabilità dell’apprendimento, anche quando l’esito non è perfetto.

In alcuni casi, la decisione non è ancora definitiva, ma serve a selezionare le opzioni più promettenti da testare. Anche questo è un passo avanti.

Un operaio posa un mattone su un muretto in costruzione, mentre il team osserva in silenzio. La scena rappresenta l’atto concreto di costruire insieme una decisione.

Una decisione ben presa non è sempre giusta. Ma è sempre utile.

In un ambiente incerto, è normale che alcune decisioni portino a risultati imprevisti. Il punto è avere un contesto progettato per imparare, non per bloccare.


Una buona decisione genera azione. E l’azione produce feedback. Questo ciclo è il motore di ogni team che vuole evolvere.


Serve creare uno spazio che supporti questo ciclo: team allineati, prototipi veloci, margini di aggiustamento. Nessuno può garantire la scelta perfetta. Ma si può costruire un modo migliore di scegliere. E soprattutto, un team che sappia scegliere insieme.


Quando questo accade, si nota subito: le riunioni durano meno, le conversazioni sono più concrete, le decisioni diventano patrimonio comune. E il tempo non è più sprecato, ma ben investito.

E tu? Quante decisioni prende davvero il tuo team?

Se questo tema ti risuona, prova a portarlo nel tuo prossimo meeting. Magari non cambierà tutto. Ma smettere di perdere tempo è già un ottimo inizio. E progettare meglio le decisioni, è spesso il primo passo per progettare meglio tutto il resto.

FAQ

Con che tipo di aziende lavori solitamente?

Posso contattarti anche solo per un confronto preliminare?

Fai consulenze one‑off o progetti continuativi?

In che tipo di progetti intervieni?

Organizzi tu le ricerche o serve un team interno?

Hai un metodo fisso o si adatta al contesto?

Quanto dura un progetto tipo?

Cosa ti differenzia da altri consulenti o facilitatori?